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Credits: Gerritt Tisdale - Pexels

La casa e il Parkinson

 

La casa è una macchina per abitare, non tanto in quanto automobile, ma come meccanismo, strumento per abitare, per realizzare spazi di qualità per la vita dell’uomo.
Sapere abitare è il grande problema, e alla gente nessuno lo insegna.
(Le Corbusier, 1923)

Già da qualche tempo, sul sito di APM, abbiamo cominciato a trattare le criticità che investono l’alloggio quando compaiono le nuove esigenze, generate da malattie invalidanti come il Parkinson o più semplicemente dalla vecchiaia, vissuta in solitudine e sovente accompagnata da “fragilità”.

Spesso la Condizione Abitativa, al di fuori degli addetti ai lavori, viene considerata come una questione privata: vengono taciuti e nascosti i problemi, come si fa con la malattia quando si tenta di negarla per paura o per vergogna. In questo modo la situazione può solo peggiorare.

Sarebbe bello che il cono di luce rivolto ai tipi principali di approccio alla malattia - farmaceutico, riabilitativo, neurochirurgico, terapia fisica - venisse esteso anche ai piccoli/grandi problemi che entrano nella casa insieme al Parkinson e che spesso sconvolgono la vita degli ammalati e delle loro famiglie.

La scommessa è combattere la malattia con gli strumenti che la scienza ci mette a disposizione attraverso la ricerca e, contemporaneamente, sviluppare energia attraverso una vita sana, attiva e aperta ai rapporti sociali. Di grande aiuto in questa ottica è fare in modo che la casa sia resa più sicura, confortevole e facilmente accessibile, facendo attenzione anche alle esigenze dei caregivers, spesso dimenticati.

Dal Convegno organizzato dall’Associazione lo scorso maggio a Milano, abbiamo avuto una vasta panoramica sugli avanzamenti della ricerca scientifica nei confronti della malattia. Mi ha colpito la sintesi del prof. Vincenzo Silani quando ha spiegato che il Parkinson non è una singola malattia ma può avere cause diverse, con sintomi e progressioni differenti e quindi con diverse modalità di trattamento dei pazienti. Questa complessità, accompagnata, negli ultimi venti anni, da un rapido incremento della diffusione della malattia, e dal coinvolgimento di generazioni sempre più giovani, è destinata a produrre impatti rilevanti sulla vita delle famiglie, in particolare dei caregivers, e crescenti impatti socioeconomici per tutta la comunità.

Lo scorso anno, a margine delle attività settimanali programmate, abbiamo registrato un crescente interesse dei soci per lo scambio di opinioni e informazioni riguardanti questi argomenti. Allo scopo di favorire ulteriormente il confronto e sentirsi parte di una comunità è stata condotta un’indagine interna attraverso un questionario. Hanno risposto in forma anonima ventiquattro soci, tutti frequentatori abituali delle attività di gruppo promosse dall’Associazione.

In estrema sintesi, per quanto riguarda l’ambiente domestico attuale il giudizio è risultato sostanzialmente positivo nella maggioranza dei casi, tranne una situazione giudicata negativa e difficilmente migliorabile. Le criticità presenti sono considerate quasi sempre risolvibili nel futuro, quando se ne presentasse la necessità. Solo in 4 casi sono già stati realizzati interventi di adeguamento dell’alloggio, a causa dell’arrivo del Parkinson.

C’è curiosità per le nuove tipologie residenziali: quelle che vanno sotto l’etichetta di “Senior Housing” e “Co-housing” (vedere nella rubrica Risorse) sono giudicate “molto interessanti” da 14 risposte su 24 e il 50% considera tali soluzioni come una opportunità da utilizzare in un futuro.

Gli elementi che potrebbero spingere verso tale scelta sono da ricercare in:

  • peggioramento della malattia che renda difficoltoso l’accesso alla abitazione attuale per presenza di barriere architettoniche di difficile eliminazione, o che comporti modifiche pesanti all’attuale distribuzione,
  • verifica dei vantaggi derivanti dalla condivisione dei costi dei servizi gestiti in comunità a fronte delle soluzioni individuali,
  • localizzazione della struttura in una zona dotata di servizi e aree verdi,
  • presenza di un gestore in grado di coordinare servizi e attività di socializzazione offerti all’interno della struttura.


Ma restano comunque sul fondo ben radicate le difficoltà ad accettare il cambiamento dall’attuale situazione verso un nuovo contesto comunitario per le paure e le difficoltà ad entrare in rapporto “con l’estraneo” ed in secondo luogo dal venir meno delle sicurezze accumulate e conservate “nell’involucro casa ” attuale.

Così va a finire che ciascuno rimane a casa propria e si adatta come può mentre una situazione abitativa e uno stile di vita in linea con le nostre esigenze permetterebbe di ritardare l’eventuale necessità di ricovero nelle strutture socio sanitarie, con un effetto benefico sul benessere delle persone coinvolte e sui conti pubblici.

Credo in conclusione che sarebbe interessante per noi parkinsoniani seguire l’evoluzione in atto nel settore, organizzando la raccolta di informazioni sulle iniziative in corso e segnalando le opportunità interessanti.
Compito non facile ma penso sia buona cosa cimentarci ed allargare il Gruppo con una partecipazione che possa diventare più attiva e ci coinvolga tutti.

Giuliano

 

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